L’Amore delle Tre Melarance
Una commedia di Carlo Gozzi adattata e messa in scena da Rita Sallustio
Trama
Basata sulla fiaba di Giambattista Basile, contenuta ne Lo cunto de li cunti.
Atto I
Il re di Coppe e il suo cortigiano e consigliere Pantalone si dolgono delle innumerevoli malattie del principe Tartaglia, causate dal suo eccessivo amore per la poesia tragica. I medici di corte informano il re che l’ipocondria di suo figlio guarirà solo se egli riuscirà a ridere, quindi Pantalone convoca il menestrello Truffaldino perché faccia divertire i presenti, assieme al primo ministro Leandro, che però segretamente trama contro il re per succedergli.
Il mago Celio, protettore del re, e la fata Morgana, protettrice di Leandro e Clarissa (nipote del re e amante di Leandro, che spera che il principe muoia), si sfidano a carte per stabilire chi avrà la meglio: Celio perde per tre volte di fila.
Leandro e Clarissa discutono su come uccidere il principe: per aggravare la sua malattia, Leandro suggerisce di declamargli un’ennesima poesia tragica, suscitando l’approvazione dei Tragici, ma Clarissa e gli Originali preferirebbero metodi più spicci, come il veleno. Interviene Smeraldina, che rivela loro di essere al servizio della fata Morgana, e quindi di parteggiare anche lei per Leandro.
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Atto II
Tutti i tentativi di far ridere il principe, nonostante gli incitamenti dei Comici, stanno fallendo miseramente, finché la fata Morgana, che era sopraggiunta travestita da vecchia, viene riconosciuta da Truffaldino, che la fa inciampare. Il principe finalmente, vedendo questa scena, scoppia a ridere, e così fanno anche tutti gli altri presenti, tranne Leandro e Clarissa. Morgana allora lo maledice: da quel momento Tartaglia sarà ossessionato dall’amore per tre melarance, prigioniere della maga Creonta, e per riuscire a trovare pace dovrà liberarle. Il principe parte assieme a Truffaldino per cercarle.
Atto III
Celio comunica ai suoi due protetti, Tartaglia e Truffaldino, dove si trovano le tre melarance, e li avvisa di aprirle solo se avranno acqua a disposizione sul momento. Anche se, avendo perso a carte, i suoi poteri sono inefficaci, come gli ricorda il diavolo Farfarello, dà a Truffaldino un anello magico da usare contro la maga, che appare come una spaventosa cuoca che punisce gli intrusi prendendoli a mestolate. Con l’aiuto di Farfarello arrivano in volo fino al palazzo, riescono a distrarre la cuoca (che è interpretata da un cantante maschio con voce da basso), rubano le melarance e fuggono nel deserto. Mentre il principe dorme, Truffaldino, assetato, apre una delle melarance, pensando che contenesse succo da bere, e invece ne esce la principessa Linetta, che, chiedendo e non trovando nulla da bere, muore. Truffaldino apre la seconda melarancia, da cui esce Nicoletta, ma anch’ella di lì a poco muore di sete. Spaventato, Truffaldino scappa, mentre il principe si risveglia. Egli apre la terza melarancia, da cui esce la bellissima principessa Ninetta, e i due subito si innamorano. Anche Ninetta rischia di morire, ma intervengono gli Originali a portare un secchio d’acqua per salvarla. Il principe, che ha chiesto a Ninetta di sposarlo, si allontana per un attimo per cercarle dei vestiti adatti per presentarsi al castello del re; durante la sua assenza arriva la fata Morgana, che trasforma la ragazza in un grosso ratto. Smeraldina prende il suo posto: quando Tartaglia torna, naturalmente si rifiuta di sposarla, ma il padre lo obbliga a mantenere la promessa fatta.
Atto IV
Al palazzo reale, dove il principe Tartaglia si sta a malincuore preparando a sposare Smeraldina, Celio e la fata Morgana litigano di nuovo, accusandosi l’un l’altro di aver imbrogliato, ma in aiuto del mago intervengono gli Originali, che scacciano la fata. Celio restituisce a Ninetta le sue fattezze e la giovane può sposare il principe. La congiura di Leandro e Clarissa viene scoperta e il re li condanna a morte, ma la fata Morgana li aiuta a scappare. L’opera si conclude con i festeggiamenti per le nozze tra Tartaglia e Ninetta
Rappresentazione:
Al l’Istituto Italiano di Cultura”
Rue de Livourne, 38 à 1050 Bruxelles
Il 11 dicembre 1993 ore 10h30 e 17h30
Il 12 dicembre 1993 ore 15h30
Attori:
Tecnica:
Adattamento e Regia: Rita Sallustio
Decoro sonore e Luci: Rita Sallustio
Costumi: Costhea, Sara
Locandina: Theodoro Kassapis